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I «reclutati» di via Roma - Ordinovisti, Ss e democristiani
Pubblicato da Angiola Petronio in Spionaggio • 18/06/2010

I fiancheggiatori delle stragi e la struttura informativa veronese. Lo spionaggio tedesco e quello americano, lo scambio di «spie» e gli agganci.

VERONA—Fino a quando è morto, sei anni fa, ha preso una pensione da 200mila lire al mese, per i «servizi resi allo Stato italiano». Peccato che lui, di italiani, ne ha fatti ammazzare almeno 335. Quelli trucidati alle Fosse Ardeatine. Lui era Karl Hass. Il maggiore delle SS Karl Hass. Ma anche la spia Karl Hass. E la storia di quello che era considerato un astro nascente del nazismo, incaricato dello spionaggio all'estero, s'intreccia in maniera indelebile con Verona. Lo definirono «sfuggente come un'anguilla», alla fine della guerra.Mail maggiore Karl Hass altra capacità non aveva, se non quella di vendersi al miglior offerente. Ed è così che è entrato nelle vicende e nelle inchieste che riguardano l'ex comando Ftase di via Roma, la rete ordinovista veneta e le stragi di piazza Fontana e di piazza della Loggia, a Brescia. Passò dall'altra parte della barricata, il maggiore delle SS Karl Hass.

E ad «arruolarlo » nel blocco occidentale furono due nomi alquanto noti, nella Verona del dopoguerra. I colonnelli americani Leo Joseph Pagnotta e Joseph Luongo, quelli che comandavano il Cic, il Counter Intelligence Corp. Il servizio di controspionaggio americano che aveva uno dei suoi uffici in via Roma. Di quei due colonnelli parla il giudice Guido Salvini nella sua ricostruzione sull’attentato di piazza Fontana e sull’eversione nera veneta. «Erano stati - scrive Salvini nell’ordinanza - i punti di partenza della costituzione della rete americana, reclutando, in funzione della comune causa anticomunista, sia ex ufficiali sia, soprattutto in Veneto, ex repubblichini e altri elementi di estrema destra». E Verona era un bacino da cui quelle reti tornavano colme. «Pagnotta e Luongo - continua il giudice - frequentavano ancora, negli anni Settanta con una certa assiduità, Colognola ai Colli». Era a loro che i vari Sergio Minetto, Bruno Soffiati, Lino Franco - tutti coinvolti nell’inchiesta sulla strage - riferivano. Pagnotta rimase a vivere in Italia. Lavorò come agente di collegamento con Israele. Ma è un atto del 1960 - recuperato dal Sismi - sul suo «collega» Luongo, che apre uno squarcio sull’«organizzazione parallela» messa in piedi dagli americani. «In uno schema - spiega Salvini - il nome di Joseph Luongo è indicato con quello di altri agenti nel rettangolino che porta in inglese il titolo "Progetti speciali - Reclutamento e collegamento" ed è seguito da altri tre rettangolini contenenti l’indicazione delle squadre operanti a Verona, Vicenza e Livorno». Con quell’atto il Sismi fornì anche una fotografia che ritrae alcune persone durante un battesimo. Sul retro sono indicati terzo da destra il colonnello Luongo e al suo fianco Karl Hass. Il maggiore delle Fosse Ardeatine. Guido Salvini lo ha interrogato, per capire i collegamenti tra il controspionaggio americano e la rete ornovista veneta e veronese. «Hass ha confermato di aver lavorato, a partire dal 1943 per il comando dei servizi di sicurezza tedeschi, che aveva sede a Verona». Un comando, quello tedesco, che stando alla ricostruzione dell’ordinanza, era frequentato alquanto assiduamente da un nome che ricorre spesso, tra quelli delle trame nere veronesi. Bruno Soffiati. Entrò nel Cic nel 1947, il maggiore Karl Hass. Pullulava di servizi segreti, Verona, negli anni del dopoguerra. Di servizi, di reclutatori e di reclutati.

Tutti votati allo stesso scopo: l’anticomunismo. Elementi, quelli raccolti dal giudice Salvini, che avvalorarono i racconti di quello che venne definito il primo «pentito stragista», quel Carlo Digilio che in fase processuale non venne creduto. Digilio ricostruì tutta la «rete veronese» che faceva capo al Cic. Lui aveva il ruolo di «agente informatore », Marcello Soffiati «agente operativo», Sergio Minetto superiore di Digilio nel settore informativo, Giovanni Bandoli superiore di Macello Soffiati nel settore operativo, Lino Franco fiduciario a Vittorio Veneto dove aveva una propria rete - il gruppo Sigfried - formato da ex repubblichini, Pietro Gunnella, «collegamento» con l’area dei Nuclei di Difesa dello Stato, che a Verona facevano riferimento ad Amos Spiazzi e i militari americani. «Anche in merito ai compnenti e al funzionamento della struttura americana - nota Salvini nell’istruttoria - le dichiarazioni di Carlo Digilio presentano quel carattere di frammentarietà e progressività tipica della scelta del collaboratore che non ha ritenuto, sino a un certo punto, che sussistessero le condizioni per rivelare circostanze così gravi e uniche nel panorama dell’eversione». «Circostanze gravi e uniche» che si crearono a due passi dall’Arena, in via Roma. «Io - disse in una delle sue dichiarazioni Digilio - svolsi attività di informazione facendo riferimento al comando Ftase di Verona a partire dal 1967 e sino al 1978. La struttura operativa che operava all’interno di questo comando era una struttura informativa della Cia, interessata ovviamente ad avere il maggior numero di dati sulla situazione italiana e ad effettuare una sorta di controllo sull'area del Triveneto che era una di quelle di maggiore interesse... La struttura comportava l'impegno sia di militari americani in servizio presso la base sia di altri americani che si trattenevano in Italia per qualche tempo, incaricati di specifici servizio di informazione, sia di cittadini italiani che costituivano in sostanza una rete di informazione sul territorio. Non erano tutte persone di destra, c'erano anche persone che potevano essere di orientamento democristiano o liberale purché tutte sicuramente anticomuniste... ». Molte sono ancora vive. Ma nessuna si è fatta avanti per raccontare cosa succedeva in quegli uffici di via Roma.

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