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L’iPhone (e l’iPad) conoscono i nostri movimenti: privacy in pericolo?
Pubblicato da Roberto Catania in Spionaggio • 23/04/2011

A chi interessa conoscere i nostri spostamenti? Ad Apple (forse) interessa. Questo almeno è quello che emerge da uno studio condotto da due ricercatori di Where 2.0, Alasdair Allan e Pete Warden, secondo cui tutti i dispositivi mobili della Mela – iPhone dunque, ma anche iPad e iPod - equipaggiati con un sistema operativo iOS dalla versione 4 in poi tengono traccia dei movimenti degli utenti. Se non ci credete scaricate questa applicazione e scoprirete che il vostro Melafonino sa esattamente dove siete stati ogni qual volta lo avete portato con voi.



La cosa interessante (e anche inquietante) della vicenda è che la traccia viene salvata in un file nascosto e incancellabile che oltretutto è in grado di trasferirsi a tutti i dispositivi (PC compreso) con cui gli iGadget vengono sincronizzati con iTunes. Significa che chi ruba un iPhone o un computer al quale è stato connesso ha in mano tutti la storia degli spostamenti del legittimo proprietario.

Insomma ce n’è abbastanza per alimentare il classico vespaio di polemiche. In ballo c’è ovviamente la privacy degli utenti (e sono tanti) che hanno deciso di acquistare un dispositivo della Mela. La domanda nasce spontanea: cosa se ne fa Apple dei nostri dati geografici? E soprattutto: c’è il rischio che possa venderli a terze parti? I due ricercatori non lo dicono, Apple non lo dice, ed è probabile che nessuno saprà mai come stanno realmente le cose.

Una fonte autorevole avrebbe però riferito a uno dei più illustri esperti melologi della Rete, John Gruber, che il location log è dovuto a una bug o più probabilmente di una svista che verrà risolta con le prossime versioni del sistema operativo. Gruber sostiene che il file funziona un po’ come una cache delle location recenti e non come una memoria a lungo termine.

Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda Alex Levinson, esperto nell’analisi forense delle applicazioni basate su iOS che in questo articolo spiega molto bene perché non si deve parlare di “nuova scoperta” né tanto meno di risorse nascoste; il file incriminato è infatti noto da tempo, ciò che è cambiato è solo l’allocazione fisica dello stesso.

Di certo, Cupertino un errore l’ha commesso: non ha mai parlato espressamente dell’esistenza di questo file né tantomeno ha chiesto ai suoi utenti l’autorizzazione per archiviare ed eventualmente utilizzare i dati ricavati dalla geolocalizzazione dei terminali.

Si dirà che questa autorizzazione è di fatto richiesta nei termini di servizio che ogni utente accetta quando attiva il suo Iphone. Vero. Ma è anche vero che quando ci sono di mezzo dati così sensibili gli utenti dovrebbero essere informati in modo chiaro e trasparente sulle finalità del loro “trattamento”.

Privacy International pretende pertanto spiegazioni e lo fa addirittura con una lettera aperta indirizzata a Steve Jobs, nella quale si sottolineano quelli che potrebbero essere i rischi che potrebbero correre gli utenti qualora i propri dispositivi finissero nella mani sbagliate.

In Italia si è subito mossa anche l’Adoc chiedendo l’intervento del Garante per la privacy e invitando la Apple ”a chiarire le motivazioni e l’utilizzo dei dati raccolti”.

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