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Steve Jobs sotto la lente dell’FBI: un narcisista infaticabile e spregiudicato
Pubblicato da Fabio Deotto in iPad • 10/02/2012

A quanto pare esiste un’altra biografia ufficiale di Steve Jobs. Una che sembra uscita dalla penna più lisergica di Chuck Palanhiuk, fatta di documenti pinzati, dichiarazioni di colleghi e conoscenti, rapporti di indagine e omissis. Si tratta di un dossier di 191 pagine redatto dall’FBI a partire dal 1991, quando il presidente George H. W. Bush valutò la possibilità di dare al fondatore di Apple un posto nel suo entourage.



Per quasi vent’anni, le pagine del rapporto sono rimaste sigillate negli archivi dell’FBI. Oggi, avvalendosi del prezioso Freedom of Information Act, il Wall Street Journal ha ottenuto l’accesso al documento integrale. Il dossier comincia così:

Al Bureau è stato richiesto di condurre un’immediata indagine sul background di Steven Paul Jobs, il quale è stato preso in considerazione per un incarico presidenziale”.

L’incarico consisteva in un posto di spicco nel President’s Export Council e perché potesse essere effettivamente candidato al lavoro, l’intera esistenza di Steve Jobs doveva essere passata al setaccio. Il profilo che ne risulta dalle indagini è impietoso. Alcuni colleghi lo descrivevano come “narcisista e superficiale”, caratteristiche che a detta loro gli impedivano di avere una vera vita sociale. Una donna interrogata affermava senza esitazione che “Il suo successo alla Apple, oltre a procurargli un potere enorme, a volte lo portava a rinunciare all’onestà e all’integrità, o addirittura a distorcere la realtà per ottenere ciò che voleva.” Ma a detta delle persone interrogate dagli uomini del Bureau Jobs era anche cocciuto, infaticabile, incredibilmente produttivo. Una persona con un peso finanziario enorme che tuttavia “per via del suo nuovo credo religioso [il buddismo], conduce un’esistenza spartana, quasi monastica.”

L’FBI aveva puntato per la prima volta la lente di ingrandimento su Jobs nel 1985, quando l’uomo di Cupertino era stato vittima di un ricatto. Ma il grosso delle indagini venne condotto solo sei anni più tardi. Nel 1991 Steve Jobs stava affrontando un momento particolare (posto che la vita di Jobs abbia davvero avuto momenti ordinari): erano passati sei anni da quando era stato allontanato da Apple. L’azienda che aveva fondato,la NeXT, si preparava a rivoluzionare la comunicazione via mail introducendo immagini e video nelle missive digitali. La Pixar, che Jobs aveva rilevato 5 anni prima, stava lavorando al suo primo lungometraggio, intitolato Toy Story. Inoltre, da poco Jobs aveva appeso cappello, sposando con rito buddista Laurene Powell. Una simile serie di eventi solitamente porta una persona a cambiare, perciò è probabile che l’uomo che l’amministrazione Bush voleva scrutinare fosse abbastanza diverso dal profilo emerso dalle testimonianze di chi ci aveva avuto a che fare negli ultimi anni.

Il dossier rivela infatti che il soggetto non era particolarmente bravo a scuola e ripone parecchia attenzione sul fatto che Jobs, in passato, avesse fatto uso di droga. Non è dato sapere se si trattasse di qualche canna o di esperimenti con droghe pesanti, non importa che diversi intervistati avessero testimoniato l’attuale sobrietà del soggetto indagato, sull’argomento “droga” l’FBI si soffermò a lungo, lasciando intendere che questo particolare dettaglio venga preso in forte considerazione quando si tratta di scegliere chi far entrare nell’entourage presidenziale.



Insomma, il rapporto porta alla luce aspetti piuttosto controversi del personaggio Jobs, niente tuttavia che non si sapesse già. Il personaggio complesso e multi-sfaccettato che emerge dalle pagine dell’FBI è in linea con il profilo dipinto dalla valanga di articoli e retrospettive che hanno corollato le settimane che hanno seguito la morte dell’ideatore dell’iPhone. Ciò nonostante, questi documenti aiutano a fare luce sul controverso rapporto che univa Steve Jobs e le persone (colleghi o amici che fossero) di cui si circondava. Dopo aver riportato le dichiarazione dei primi colleghi e di Chris Ann Brennan, la pittrice da cui Jobs aveva avuto nel 1978 la sua prima figlia, Lisa (riconosciuta solo in un secondo momento), l’FBI rivela che le indagini si sono allargate a 29 persone tra amici, vicini di casa e conoscenti che avevano vissuto abbastanza vicino a Jobs da poter esprimersi riguardo al suo carattere, la sua reputazione e la sua lealtà. Tra di questi, molti confermano il profilo tracciato da colleghi ed ex-colleghi, ma gran parte di essi non esita a raccomandarlo per una posizione governativa, nemmeno chi più si era accanito nel descriverlo come gretto e narcisista.

Nonostante questo contrastato endorsment, l’indagine si risolse con un esito negativo. Pur riconoscendo le innegabili qualità del soggetto, l’FBI non suggerì il suo nome all’amministrazione Bush. A pesare sulla scelta, probabilmente, fu anche il fatto che Steve Jobs per primo si era dimostrato parecchio riluttante quando l’FBI lo aveva contattato.

“Sono un uomo impegnato” avrebbe risposto loro “Non posso certo spendere un’ora del mio tempo seduto a parlare con voi.

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