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Usa, l’invasione degli 007 Ora sono quasi un milione
Pubblicato da Giuseppe De Bellis in Spionaggio • 20/07/2010

In mezz’ora, ogni mattina, 854 mila badge scorrono lungo i cancelletti d’ingresso di un posto immaginario che si chiama Intellicenge City. Pezzi di plastica veri, tornelli veri, persone vere. In un mondo parallelo. Spie, analisti, contractors, funzionari, impiegati: 854 mila esseri umani fanno una volta e mezza Washington e sono l’esercito più o meno segreto che oggi forma l’antiterrorismo americano. Parte da loro l’inchiesta del Washington Post sulla Top Secret America: tre puntante, la prima pubblicata ieri, che dovrebbero scuotere i palazzi del potere. Un’inchiesta durata due anni che oggi fa già sentire profumo di premi e riconoscimenti alla testata che tutti ricordano per l’inchiesta sul Watergate che costò la presidenza a Richard Nixon. Ecco, Obama non rischia niente oggi. Questo viaggio nello spionaggio americano è difficile che faccia cadere nessuno, farà solo traballare poltrone e seggiole perché dimostrerà quello che già molti sanno: dall’11 settembre 2001 gli Stati Uniti spendono molto e a volte male le risorse destinate alla sicurezza interna e all’antiterrorismo.
«Abbiamo scoperto una geografia alternativa degli Stati Uniti, una Top Secret America nascosta agli occhi del pubblico», hanno scritto gli autori Dana Priest, due volte premio Pulitzer, e William Arkin, ex analista di intelligence dell’Esercito nella Berlino della Guerra Fredda. Il loro lavoro mette insieme tutto per raccontare uno scenario che nella prima puntata viene riassunto nei numeri: nelle centinaia di migliaia di documenti pubblici consultati i due reporter hanno 45 agenzie che fanno lavoro segreto e determinato che possono essere spezzettate in 1.271 sotto-unità. Nel settore privato sono stati identificati 1.931 contractors per conto del governo. Ci sono poi almeno 263 agenzie sono state create o potenziate in risposta all’11 settembre. A Washington e dintorni 33 edifici sono in costruzione o sono stati costruiti per ospitare lavoro legato all’intelligence. Assieme occupano una superficie pari a tre Pentagoni o 22 edifici del Campidoglio. Gli analisti che esaminano i materiali ottenuti con le intercettazioni e altri metodi di spionaggio negli Usa e all’estero producono 50 mila rapporti di intelligence all’anno, con la conseguenza che vengono di routine ignorati. La Defense Intelligence Agency è passata da 7.500 dipendenti nel 2002 a 16.500 oggi; il budget della National Security Agency è raddoppiato; 35 task force dell’Fbi sono diventate 106.
Tutto questo è il mondo Sap: Special Access Programs, ovvero i programmi top secret. L’ignoto che esce allo scoperto, o quasi. Perché nell’articolo c’è quella frase che sintetizza tutto e viene detta da James R. Clapper, sottosegretario alla Difesa con delega all’intelligence: «C’è solo un’entità, in tutto l’Universo che conosce tutti i programmi Sap. È Dio». Questo è quello che non sapevamo, oppure che sapevamo, ma a spizzichi e bocconi. Tutto questo è il sotterraneo del lavoro che gli Usa fanno per cercare di proteggersi dall’attacco dei nemici ordinari e di quelli non ordinari. Tutto questo oggi è una mappa interattiva sul sito del Post, su topsecretamerica.com, su Twitter (PostTSA) e su Facebook (http://facebook.com/TopSecret America). Il Washington Post ha costruito una grande storia giornalistica cavalcandola centimetro per centimetro, parola per parola. Sul suo sito puoi vedere dove sono concentrate sul territorio americano e mondiale le sedi e il personale delle agenzie federali o dei contractor privati. Se clicchi entri anche tu nello spy-game: vedi i nomi di tutte le compagnie che lavorano per il governo, sai quanto percepiscono per la loro opera al servizio del Paese. Puoi esplorare le connection: tutti i fili che permettono di ricongiungere questa agenzia a questa società. Un lavoro enorme, infiocchettato bene e venduto meglio: l’inchiesta avrebbe dovuto cominciare a essere pubblicata domenica, poi hanno deciso di rimandare a lunedì. Perché domenica gli uffici erano chiusi e quindi internet girava meno in tutti gli Stati Uniti e in tutto il mondo. Avere più contatti possibili al sito, invece, era uno degli obiettivi del lavoro del Washington Post. Serve pubblico, ovvio. Servono lettori e servono utenti internet. Tutto normale in un mondo dove anche il giornalismo deve giocare lo stesso gioco dei protagonisti della storia che vuole raccontare. Qui ci si muove in segreto, in questa città parallela che è grande una volta e mezzo Washington. E anche il giornale si muove nello stesso modo. Lavora in segreto e poi viene allo scoperto. Articoli, internet, tv. Tutti gli uomini del presidente raccontò l’epopea dei due cronisti che per la storia e soprattutto per la leggenda mandarono a casa il presidente Nixon con i loro articoli sullo scandalo Watergate. Oggi Dana Priest e William Arkin avranno il loro documentario, come i protagonisti di un reality.


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